Barolo e Barbaresco, lo stato delle cose
dagli appunti di matteo gallello, roberto lo pinto e sandro sangiorgi
a cura di sandro sangiorgi
Ecco, intanto, cos’è scaturito dall’assaggio dei vini.

Solidità
A qualche sera di distanza da giovedì 31 gennaio, eccomi a riflettere sulle parole e sui vini che abbiamo condiviso.
Innanzitutto il motivo. Ci siamo dedicati a un concetto che, nell’enologia, sembra essere passato di moda e aver lasciato spazio a un desiderio di ‘leggerezza’. La ‘densità’ ha dominato dal principio degli anni Novanta fino a circa un decennio fa, moltissimi l’hanno voluta – accademici, produttori, commercianti, consumatori – sacrificando vocazioni e territori, sensibilità e storie, esattamente come negli anni Ottanta era accaduto in favore della ‘semplicità’ e della ‘spensieratezza’. Quando il “mercato” chiama, bisogna ubbidire. Nel passaggio tra i due secoli, sono state diverse le persone capaci di custodire ciò che amano e che li lega allo spartito di un luogo e ai vitigni che ne sono gli strumenti principali, tanto che noi non ci siamo mai sentiti troppo soli.

Seminario sul matrimonio tra cibo e vino, quarta lezione: relazioni pericolose
foto di chiara guarino
Relazioni pericolose: quando il vino affronta materie prime e ricette che ne mettono in crisi la sua intima identità. Non esiste il matrimonio perfetto, esistono accostamenti possibili.

Piede franco: alla ricerca delle radici
Di seguito, le note di degustazione della prima serata. Nei prossimi giorni pubblicheremo un articolo di approfondimento, a cura di Matteo Gallello, con le schede dei vini assaggiati il 17 maggio.

Chronos e Kairos a Vicenza
Un altro modo di intendere il tempo nel vino, Chrónos e Kairós.
Il vino è elemento vivente, quindi cangiante e irripetibile.
Pensando alla trasformazione, appare l’immagine di due elementi che interagiscono: il tempo al di fuori del contenitore e il tempo all’interno di esso. Conservazione, evoluzione, capacità e incapacità di affrontare questa duplice accezione di tempo sono uniti da cause, tempistiche, casualità e momenti che si appellano a ossidazione e contaminazioni dove tardi e presto diventano categorie relative.
Grazie a Matteo, Carlo e ai ragazzi della Vineria Parolin.
Capovilla, primavera

Piede franco: alle ricerca delle radici #2

Radikon, Oslavia e San Floriano @ Ein Prosit 2017
note di degustazione di sandro sangiorgi (S) e matteo gallello (M)
foto di lavinia sangiorgi
Stanko Radikon e l'importanza del lavoro
con Saša Radikon
Dall'affermazione di uno stile al recupero delle origini, il viaggio alla scoperta del proprio territorio. L'esempio di una persona mai doma, il virtuoso tormento che porta alla manifestazione di sé e alla costruzione di una memoria pregnante e condivisibile.
La presenza dell’Oslavje è dovuta all’uvaggio che, per una sola volta nel 1999, ha visto anche la presenza del Tocai insieme a Chardonnay e Sauvignon. Il vigneto dal quale è stato via via preso il Tocai è un piccolo pezzo di terra proprio vicino a quelli dei due internazionali. Preso in un primo tempo in affitto, è stato in seguito acquistato per diventare uno dei gioielli più preziosi dell’azienda agricola Radikon.

foto di davide vanni
Seminario sul matrimonio tra cibo e vino, terza lezione: equilibri
foto di chiara guarino
Equilibri: quando il vino e il cibo compensano in maniera perfetta la reciproca bellezza.

Seminario sul matrimonio tra cibo e vino, seconda lezione: i contrasti
organizzato da sandro sangiorgi, matteo gallello e franco franciosi, chef di mammaròssa
foto di chiara guarino
Contrasto: quando il vino è chiamato a tirare fuori gli artigli per lottare con un piatto dalla forte personalità.
Seminario sul matrimonio tra cibo e vino, prima lezione: le assonanze
Comincio questo breve resoconto con un messaggio ricevuto da un partecipante, Carlo Giuliano, la mattina dopo la prima lezione: «Le sensazioni provate ieri sera sono in modalità repeat sul giradischi della memoria del mio palato e devo dire che sono molto affascinanti anche rispetto alle contrapposizioni ben riuscite. Soprattutto la lieve sovrapposizione provata praticamente in tutti e tre i casi paradossalmente fa ricordare meglio i cibi, anche oltre i matrimoni migliori. In questo caso è un vero e proprio sacrificio da parte del vino».

Il Primitivo tra Manduria, Salento e Gioia del Colle
rispetti puru quiddre delli paisi lontani
Se nu te scierri mai de du ede ca ieni.
dai chiu valore alla cultura ca tieni
(Se non dimentichi mai le tue radici
rispetti anche quelle dei paesi lontani.
Se non scordi mai da dove vieni
dai più valore alla tua cultura).
Non poteva che iniziare così, con la citazione bella (e giustamente retorica) di un gruppo tra i principali della musica alternativa italiana. Sono i ricordi spensierati e variopinti del periodo universitario e questa era una canzone importante per noi studenti fuorisede, orgogliosi di rivolgere lo sguardo al Grande Padre Sud, di rivendicare origini, paesaggi, vini e innumerevoli altre cose che emergevano prepotenti quando si stava insieme, magari nelle cucine comuni delle case dello studente. Condividevamo i cibi arrivati tramite i mezzi più disparati, camion, le poste, il familiare che passava in zona. Come potevano mancare due, tre, cinque litri di vino fatto in casa? La norma era portare, a testa, una bottiglia da un litro e mezzo, così sul tavolo c’erano i liquidi più incredibili: scuri, rossi, rosati o bianchi; siciliani, calabresi, lucani, pugliesi, sardi, sempre densi, carichi, dalle gradazioni folli, amabili, acetici, deliziosi. Tutti testimoni, disincantati, rispondenti a un (bi)sogno tutto domestico, quotidiano, sicuro. Non servivano classifiche, la bontà di un vino corrispondeva alla bottiglia svuotata prima e più desiderata al prossimo “incontro”.
Sono passati dodici anni, tutto è cambiato, eppure nulla è cambiato. Mi spiego: non ci importava molto del vino in sé, era una scusa, un modo per parlare di casa, per raccontare storie di vita in un pranzo della domenica, tra un esame e l’altro, per ridere e meravigliarsi, distrarsi. Un po’ come oggi, con l’unica differenza che queste storie sono diventate indispensabili, cercate a tal punto che lasciarsi sorprendere è la parte più bella del mio lavoro.
