Franciacorta in verticale
Era tempo che attendevamo l'occasione di una verticale di Franciacorta. Quando l'opportunità si è presentata con “Villa in Verticale”, l'evento organizzato dall'azienda agricola Villa di Monticelli Brusati, non abbiamo esitato un istante. Erano sette le annate di brut proposte in degustazione palese, dal 2000 al 1984. Sette bottiglie che ci hanno fornito uno scorcio indicativo sulla capacità di questa tipologia di muoversi nel tempo. |
Il quadro non è stato esaustivo, ovviamente, ma il metodo classico in questione si è rivelato aderente all'idea che sin qui ci siamo fatti della denominazione, pur probabilmente non esaurendone le potenzialità. Nel complesso abbiamo avuto l'impressione di trovarci dinanzi a una degustazione non probante, ma significativa. Prima considerazione: il Franciacorta tiene al passare del tempo. Seconda considerazione: reggere al trascorrere degli anni – conservarsi – non è sinonimo di evolversi. Terza considerazione: l'esito, a nostro modo di vedere, è scisso in due: da una parte il naso, dall'altro la bocca.
Se forza e reattività erano contenute, la tenerezza e la docilità hanno preso il sopravvento senza farne vini fiacchi. D'altra parte, una discreta salinità – che non ci sentiamo di definire vera, profonda mineralità – ha svolto il suo ruolo, riemergendo con grazia soprattutto nei vecchi millesimi. L'unità dei sapori, nel suo complesso, ci è parsa dunque buona. La nozione di equilibrio non è a rischio. Non ci sembra nemmeno opportuno parlare di problemi di struttura, bensì di limiti. Anche nelle vecchie annate, che si sono rivelate più quadrate, la struttura era sottile, contenuta nella sua capacità di arrivare in fondo al palato. Non è una novità, ma forse dovrebbe insegnarci a non aspettarci potenza né grande presa da un Franciacorta. E ci sbilanciamo nel dire che per questa denominazione potrebbe trattarsi di peculiarità, non di pochezza. Se la leggerezza della struttura gustativa non è un problema in sé, in questo caso ci è parsa implicare un elemento di cui tener conto per il naso, per la tendenza a lasciar sfuggire più cose, comprese carenze e eventuali difetti. Quando il patrimonio odoroso si dissipava, le tostature del legno, ad esempio, si manifestavano qua e là in maniera talvolta un po' netta. La rapidità dell'espressione olfattiva ci è parsa il fattore centrale. C'è davvero poco da obiettare, come spesso accade in Franciacorta, sulla pulizia, la nitidezza e la precisione aromatica dei vini. Il primo impatto si è dimostrato franco e definito in tutte le annate. Se c'è un termine al quale accordare la primazia, questo è fragranza . Diverso il discorso per l'esame olfattivo differito. Con il trascorre dei minuti tutti i vini hanno ridimensionato lo spettro odoroso, semplificandolo, rendendolo più fugace e lasciando talora il passo al legno. Per le ultime tre annate proposte – 2000, 1998 e 1995 – il fenomeno si manifestava con particolare chiarezza, tanto da far pensare a un'idea di diluizione della materia rispetto ai millesimi più datati. Meno netta la faccenda nei vini della prima metà degli anni '90, il che suggerisce una sorta di stacco stilistico di cui il '95 sembra essere la cerniera. Prima, appaiono profumi più prossimi a una mineralità salina (quasi metallica); dopo siamo innanzi tutto nell'orbita della frutta fresca e secca. Rimane il dubbio se si tratti del risultato di una trasformazione o di una vocazione di partenza. Che si possa parlare di un vero cambiamento di rotta della maison è una questione sulla quale lasciamo il beneficio del punto di domanda. Crediamo invece che la rapidità dello sviluppo olfattivo sia un fattore sul quale riflettere, quando entriamo del campo delle ambizioni di longevità. Ma ci piace anche ricordare che l'estrema longevità non è, in sé, una qualità da prendere in termini assoluti, né un dono che la natura conferisce indiscriminatamente. |
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Colore paglierino carico; perlage abbastanza fine e diffuso, non molto persistente. La bocca è fragrante, semplice e filante; è spumosa ma la dinamica appare spezzata tra acidità, dolcezza e amaro. Il finale è segnato dalla dolcezza e non dimostra tensione. Il bicchiere vuoto ha pochi argomenti. Ci è parso di gran lunga il vino meno riuscito della batteria. 1998 Colore paglierino carico; perlage forse più fine del precedente. Naso più caldo, burroso, con qualche nota carnosa; è più fitto e solido del 2000, ma alla distanza tende a schiacciarsi un po' fra note farmaceutiche e lattiginose. La bocca è sferzante, di bella asciuttezza e metallica; poi emergono tracce di legno e amarezza; con il tempo la dinamica si appoggia sul lato dolce e il finale non lascia grandi impressioni. 1995 Colore paglierino carico quasi dorato; perlage irruente. Il naso è subito minerale, quasi di carbone; c'è della frutta secca ma anche del mare, crosta di pane e di formaggio assieme, poi emergono erbe secche e anice; ha potenza e fragranza. La bocca non dimostra cedimenti ma rettitudine, la carbonica non è mai svenevole; alla distanza esce un po' di tostatura e di stanchezza, ma ha certamente più trama dei precedenti. Il finale si attesta su sentori di agrumi canditi. E' una chiave di volta alla nuova generazione, con spessore e poche concessioni in bocca ma una piccola quota di fuggevolezza. 1994 Colore dorato leggero; perlage potente ma non molto sottile. Naso fresco e limonoso, inizialmente chiuso; escono poi una certa tostatura e un sentore di crostacei. La bocca è fresca, pulita, dal sapore potente, senza sbavature; l'aspetto aromatico è tenue, forse addirittura debole, e con il trascorrere dei minuti ne cala l'intensità. Il finale è asciutto e tenero assieme, a suo modo lungo, anche se non estremamente unito. Nel complesso un vino fine, energico ma dalla beva che rimane semplice. 1993 Colore paglierino con qualche bella sfumatura verdolina; perlage fine. Naso fragrante tra formaggio pecorino e anice, poi emergono un po' di mare e un po' di lavanda, ma lo spettro non sia amplia ulteriormente. In bocca una lieve traccia di ossidazione e una certa secchezza; ha meno esuberanza del precedente ma una buona tenuta; alla distanza la sensazione si semplifica e vira verso una tendenza medicinale. Il finale è succoso, pulito, ma senza slanci eccezionali. Fa il paio con il precedente, appartiene alla stessa “corrente di pensiero”, dimostrando un equilibrio più compiuto ma meno grinta. 1987 Colore paglierino chiaro un po' ramato; perlage poco abbondante. Al naso note di un'ossidazione evidente ma disciplinata; è tenue e terroso, esce un po' di sangue su uno sfondo di marmellata di albicocca, ma nel complesso non dimostra molta grinta; con il tempo l'ossidazione si fa più evidente e si rivela un accenno di resina. La bocca è buona, fresca e leggera; l'acidità è contenuta ma regolare, affiancata da una buona salinità; dimostra una certa unità con il naso, completata da un lato brioché e da sentori di boero. 1984 Colore paglierino un po' ramato; perlage violento per la sua età. Naso fresco e caldo al contempo, di aspirina e vernice; ci sono calore e orizzontalità, ma non grande ricchezza. L'attacco in bocca è briosciato, poi emerge il sale e una discreta potenza; alla distanza la trama si sfilaccia e viene fuori il legno.
Serata Porthos Spumanti Gran Rémuage tra Francia e Italia 26 novembre 2004 Sesto San Giovanni (MI)
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